RECENSIONI

Franco Ragazzi [1995]

Il precario equilibrio: figura, astrazione, figurazione – Scultori in Liguria nel Secondo ‘900 (De Ferrari Editore)

…Carlo Giovannoni si forma nel vivace ambiente spezzino degli anni ’30  in un arrischiato equilibrio fra le presenze del “Secondo Futurismo” e il modernismo monumentale di Oliva,Magli,Del Santo di cui Giovannoni è allievo…

…Cherchi, Alfieri, Garaventa, Fabbri, Giovannoni, Primi si formano nel clima culturale degli anni ’30 ma, a differenza dei maestri della generazione precedente che sembrano indifferenti al mutamento dei tempi,avvertono nella loro scultura la catastrofe della guerra,il capovolgimento epocale che ne segue,l’apertura di nuovi orizzonti e nuovi confronti internazionali con una sensibilità ed una attenzione che va ben al di là dell’abusata polemica fra astrazione e cosiddetto realismo…

…Carlo Giovannoni esordisce negli anni ’30 con opere che risentono dei suoi rapporti con i Futuristi e con altre di modalità naturalistica in cui sono avvertibili echi martiniani. Scultore e pittore partecipa nel 1948 al “Gruppo dei Sette”, variante spezzina del M.A.C. (Movimento Arte Concreta). Il corpo umano,il ritratto,la figura a cavallo e la ricerca astratta trovano nella sua opera plastica un punto di sintesi nella semplificazione dei piani e dei volumi raggiungendo una notevole drammatizzazione espressionista che lo porta a prediligere l’utilizzo del legno.

Ferruccio Battolini [1992]

“…ebbene in Giovannoni (pittore e scultore, indifferentemente) la voluttà ritmica appunto è palese e forte, tanto che è impossibile constatare delle staticità ed è facilissimo invece assorbire visivamente – grazie appunto al suo dinamismo pittorico (o plastico) – movimenti palpitanti, vivaci quanto accurate concordie, determinazioni veramente, e ritmicamente, armoniche. Altro punto da specificare meglio è quello della concomitante presenza nella sua opera di ‘dolcezza e di vigore’, di ‘squisitezza ed energia’ (per quanto riguarda specificatamente la scultura è evidente l’importante, decisiva lezione del grande Angiolo del santo maestro davvero nel ‘concerto plastico’): dolcezza e squisitezza nell’impaginazione e nella modellazione, vigore ed energia nella ricerca accanita e pervicace del risultato compositivo generale. E’ un operazione, questa, che pochi riescono a portare a buon fine e che per Giovannoni è una non evitabile, naturale, necessità: la dolcezza e la squisitezza sono immediate e spontanee, il vigore e l’energia sono invece generate nell’ambito di una pacata ma intensa meditazione (tutto poi è nel segno di una volontà creativa agile e sorvegliata, rapida e pur ben governata). Conclusivamente direi che ogni gesto di Giovannoni, pittorico o plastico o disegnativo, è un rapporto costante e molto dialettico fra ‘consistenza (figurale o naturalistica)’ e invenzione, fra impressione e idea,  fra realtà e immaginazione, fra emozione e conoscenza. Dalla varia intensità di tali rapporti scaturisce la diversa incidenza dell’una o dell’altra ‘componente orientativa’: talvolta cioè, particolarmente in alcune sculture sacre, pervaso le Un senso forte e diretto della realtà; in alcuni paesaggi che mi sono permesso di definire ‘venturiani’ (in riferimento cioè al ‘gruppo degli otto’, fra Corpora e Afro, Birolli e Turcato, della seconda metà degli anni cinquanta, sostenuto appunto autorevolmente da Lionello Venturi) va al potere l’immaginazione, decisa e penetrante, sempre peculiarmente e one-stamente gestita. Nei paesaggi delle Cinqueterre poi opere davvero importante tanti e ‘storiche’ di Giovannoni l’artista si lascia avviluppare da una forte ‘eccitazione’ per cui gli incontri strutturali e coloristici riferiti a quel l’incomparabile ‘bene naturale’ diventano brani di natura trasfigurata e reinventata (realtà-immaginazione), concreto turbamento (emozione conoscenza), soprattutto e comunque inesorabile e puntuale armonia. Dunque, Carlo Giovannoni pittore e scultore completo, istintivamente e con-sapevolmente pilota lo ripeto ancora dell’indispensabile ‘concerta zione’, sia essa plastica o cromatica, preoccupato in ogni momento di rag-giungere e consolidare una forte ‘unità di visione’. E poi genuino inter-prete di importanti e vitali ‘settori (umani e naturali) di realtà’ che vengo no proposti e assunti nelle loro forme più essenziali e armoniose e soprattutto nei loro ritmi costruttivi spesso inediti e sempre decisivi rispetto all’acquisizione totale del tema lirico- narrativo, mentalmente ed emozionalmente costruiti.
Un pittore e scultore Giovannoni che dal periodo prebellico agli anni d’oro del ‘Gruppo dei Sette’, dal breve momento del ‘Gruppo La Spezia’ (con Datola, Prini e Mordacci) al lungo e splendido ciclo delle composizioni paesistiche delle Cinqueterre, dagli anni del significativi lavori d’arte sacra alle deliziose chine, sempre ha testimoniato la sua fedeltà all’invenzione e ad un acuto senso delle cosiddette ‘diverse verità’, consistenti e valide quest’ultime all’interno di un patrimonio visivo, il suo, di prima mano, ripeto vigoroso e delicato ad un tempo, ricco di intuizioni e di concreta poesia, di immaginazione libera ed anche sorvegliata. Un patrimonio visivo, quello del nostro bravo artista, che nasce da semplici quanto cospicui ‘sentimenti primari’ che sostengono a loro volta ogni tipo di organizzazione formale e soprattutto le tante ‘entità reali’ da lui sempre fortemente e generosamente offerte.”

ENRICO PAOLUCCI [1959]

“L’opera di Giovannoni si inserisce agevolmente nel clima della pittura italiana contemporanea in una zona che si potrebbe, penso definire, di naturalismo astratto. Ma non si chieda all’amico pittore di usare bussola e sestante sulle carte della inquieta pittura d’oggi. Vorrei piuttosto preoccuparmi di parlare di pittura invitando coloro che osserveranno questi quadri a considerare la ottima e ricca qualità del tessuto pittorico, la fantasia con cui sono trasferiti i dati di natura da cui essi prendono l’avvio e, essendone ligure l’autore, la sonorità e compattezza della materia che così sovente fa balenare in queste opere quel fare generoso e ricco che è stato sempre – appunto – nel carattere dell’arte ligure. E questo, mentre pare che ogni cosa vada sempre più internazionalizzandosi anzi, universalizzandosi, è qualità da considerare e da meditare.

Nell’opera di Giovannoni il colore, organizzandosi come dicevo in forme e modi serrati e vigorosi, scanditi con piglio sicuro in una orchestrazione tuttavia trattenuta e calcolata, talvolta come guidato da una trama di ascisse e ordinate, rivela chiaramente una realtà umana drammatica e severa.
Fermenti che lievitano una palpitante presenza umana, una ricerca tesa di espressione.
Ecco le ragioni per cui penso che questa pittura sia da proporsi all’attenzione di chi cerca nell’arte non soltanto un valore decorativo o di choc, ma una vicenda più profonda e vera; così lo spezzino Giovannoni ci porta un suo messaggio convincente ed autentico pieno di quel calore e di quel fresco entusiasmo che fanno ricca e sorprendente la generosa provincia italiana.”

Piergiorgio Sommovigo [1992]

(dal catalogo “Carlo Giovannoni” Pignone Palazzo Comunale Casa Editrice Lunaria, Sarzana)

“La costituzione della personalità è sempre inerente alle rappresentazioni,accompagnate da un forte tono affettivo,del proprio corpo. Per questo l’immagine del corpo umano è un fatto ricorrente nella pittura e nella scultura,come affermazione della propria ed altrui identità. Il riconoscimento dell’entità corporea è connaturato tuttavia all’acquisizione della dimensione spazio-temporale in cui si colloca ed alla presenza di altre entità corporee con qui questa interagisce: “Così il corpo è ritto davanti al mondo ed il mondo è ritto davanti al corpo, essi si abbracciano vicendevolmente. E fra questi due esseri verticali c’è non una frontiera ma una superficie di contatto.” (Merleau-Ponty).
Il gioco, l’amore, la maternità sono i momenti di fusione e di compenetrazione, quasi a priori non come scelta e conseguenza ma esigenza ed origine. Nel blocco di legno gli amanti, rinchiusi in un abbraccio o in una vicenda che cerca di annullare ogni pausa tra loro, lottatori, inviluppati in torsioni che movimentano lo spazio, esistono come entità collegate, vincolate ad un rapporto interpersonale, che viene trovato e liberato nel legno o nel foglio come sola possibile immagine di umanità.
La stessa maternità si realizza in una continuità fisica che vede i piccoli quasi appendice della madre su di essa giacenti e non separati, sorgenti come pianticelle, negando il momento naturale del distacco ma figurandolo come germinazione dal corpo. Tuttavia lo spazio figurativo in cui si inscrivono le figure non è sempre lo stesso.Ambiti diversi segnano diversamente i corpi le cui immagini però mantengono inalterata la traccia. Il legame non è isolamento, ma partecipazione. Partecipazione che lascia la propria presenza di segno a seconda delle superfici su cui agisce, secondo una collocazione storica e temporale che rifiuta idealità. Come pure le tensioni, le emozioni del gruppo, della collettività. che si costituisce sotto un impulso o un affetto,sono momenti di un rapporto che si allarga e che fa dei sentimenti la fondazione della comunità. Una comunità,quella di Giovannoni, che si riconosce nella propria fisicità e nelle proprie passioni, non dilacerate tra ragione e natura come le popolazioni del IV viaggio di Gulliver, che rifiuta ogni presunzione di “liberare” l’uomo della materialità del corpo per innalzarlo alla “sublimità” dello spirito,sprofondandolo invece negli abissi della follia.Il lavoro di Giovannoni porta quindi alla riflessione come “l’uomo abbia bisogno innanzitutto di un corpo riconosciuto nei suoi limiti e nelle sue funzioni” (Gisella Pankow) prima di poter sviluppare,nella loro ricchezza tutte le sue possibilità costruttive ed intellettuali.”

Hanns Theodor Flemming [1974]

Critico d’arte del DIE WELT in occasione della Mostra all’Atelier Mensch (1974) ebbe a scrivere: 

“Carlo Giovannoni ha uno spiccato virtuosismo, i suoi temi spesso rappresentano motivi di cavalli e cavalieri che l’uomo vuole dominare. Queste chine colorate dal grafismo che contorna l’insieme e le varie sovrapposizioni dei colori a china alternati a volte dalla tecnica a spruzzo, danno all’opera un’efficacia di valido effetto mettendo in evidenza la sua notevole e spiccata bravura. Nei suoi quadri la tematica e la forma si muovono nell’ambito tra i classici e le più note espressioni moderne, esprimendo dinamica di movimento e una vivacità elettrizzante all’opera”

Sandro Cherchi 1969

“In tutti gli artisti da me conosciuti da quando ragazzo mi dedicai completamente all’arte, e sono tanti, sempre nei migliori, ho riscontrato e guardato con simpatia una forma di delicato pudore, quasi un chiedere scusa del lavoro compiuto, quasi una speranza riposta di far meglio domani per rimediare a una promessa non mantenuta.
Laddove ho trovato questo intimo pensiero mi sono soffermato a guardare prima l’uomo e poi l’artista; mai o quasi mai sono stato tradito da queste osservazioni sull’uomo artista. Fu a Milano fra gli amici di Corrente che meglio potei osservare questo stato d’animo e fu là che conobbi la delicata attesa di Attanasio Soldati, l’irruenza generosa e incredula di Lucio Fontana, il silenzio acuto di Marino Marini, l’estrema timidezza di Valenti e l’altrettanto timida superbia di Birolli (che superbia non era ma estrema fede nella pittura per la quale si chiudeva come il riccio nella sua armatura),  la paziente “ragione” di Mauro Reggiani e tanti, e tanti assurti ai più alti posti dell’arte italiana. E che dire, per rimanere tra i nostri liguri, dell’assoluto cristallino isolamento di Camillo Sbarbaro e che dire della fragilità e della forza dell’uomo-artista e, dall’altro lato, dell’altezza della sua poesia? Nell’uomo-artista dunque mi attrae l’uomo che ad una disamina complessa mi giustifica e mi rivela l’artista. Per ultimo ho conosciuto Carlo Giovannoni e l’essere stato con lui, in un recente convegno di pittori a Bardonecchia, per più giorni e l’aver visto alcuni suoi lavori e disegni mi hanno spinto a conoscerlo meglio nella sua casa, a conoscere la sua recente produzione. Ho trovato quello che, dopo aver conosciuto l’uomo mi aspettavo, un pittore e per pittore intendo dire un poeta che si serve per le sue poesie dei colori e dei segni. Vi ho trovato anche quella fatica degli artisti veri che lentamente attraverso a una quotidiana conoscenza dei propri mezzi tendono a liberarsi sempre più dei mezzi acquisiti per arrivare a dire molto con poco. Ma che capiscono che, avendo alle spalle un bagaglio non indifferente di mestiere e di anni di lavoro è necessario che questo sia oltrepassato pazientemente con molto lavoro e superamenti di lavoro.
Il mondo di Giovannoni è il mondo del lavoro e della fatica umana osservati con simpatia. Il soggetto dei suoi dipinti è quello dei pescatori, degli uomini di fatica, delle donne che lavorano ma quanto lontano dalle esperienze neorealistiche; puoi vedere in essi anche esempi di collages fatti con pezzi di tele di retine che contribuiscono ad un linguaggio del tutto personale legati come sono da un disegno libero e rigoroso tutto librato sulle espressività del segno che si contorce avvince, si spande, macchia e produce colore e tono e tutto a caldo, sotto l’impulso di una ispirazione che dura sino al compimento dell’opera. Non a caso Giovannoni è passato attraverso un’esperienza astrattista con Il Gruppo dei Sette che si formò a La Spezia nel 1948 e non a caso Giovannoni non si fermò a quell’esperienza. L’ansia di conoscenza lo pervade e neppure ora si fermerà; dovrà ancora conoscere altre cose e altre cose ancora, procedere quindi come ogni vero artista all’arricchimento della sua anima, alla ricerca di una meraviglia nuova, una meraviglia che, in alcuni momenti scopriamo nell’espressione del suo viso.”

CORRADO CAGLI 1949

“A chi abbia seguito il lavoro e l’attività’ dei pittori della Spezia durante l’ultimo anno non può sfuggire il significato del “Gruppo dei Sette” e la funzione che gli elementi che compongono il gruppo vanno svolgendo nella loro città. Questi sette temperamenti dissimili e perfino antitetici, sono uniti infatti da un comune impulso a intendere la pittura come un lavoro collettivo: una pittura cioè che anteponga ai motivi edonistici ed egocentrici del singolo pittore la causa madre di un linguaggio pittorico in perpetuo divenire. Un simile impulso prima propone un più alto livello etico ai pittori che lo intendono e poi da’ un maggior vigore all’idea che questi pittori hanno in animo di servire. […] In sede critica, il punto comune ai “Sette” del Gruppo della Spezia e’ il trarre fonte di ispirazione (per sondare il primordio) dalla visione interiore anziché dalle immagini visibili che la natura “fuori” ci propone. Il che vuol dire in altri termini che i “Sette” stanno lavorando ad una pittura che sia veicolo di idee, mossa quindi da quegli impulsi morali che la critica militante così spesso confonde con impulsi estetici. La diversità delle vocazioni individuali porta poi ognuno dei “Sette” ad inserirsi in settori diversi della cultura contemporanea: […] Il GIOVANNONI molto migliorato e del tutto rinnovato nel giro di un anno, appare ormai orientato secondo la tradizione metafisica. […] Così il “Gruppo dei Sette” va assicurando alla città della Spezia, non più due o tre tele, più o meno ben eseguite secondo i dettami di un’accademia, ma un movimento creativo che va sempre più determinando un fatto molto complesso di cultura, che non tarderà a portare negli anni che verranno, un suo contributo definitivo alla nuova pittura italiana.”